A QUALCUNO PIACE BIO, UN MERCATO SENZA CRISI
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I consumi di prodotti biologici non conoscono crisi. La crescita iniziata a inizio decennio prosegue ininterrotta e anche il 2010 ha visto un progresso per le vendite di questo comparto, tra gli scaffali della gdo, nella misura dell’11,6% (secondo quanto rilevato da Federbio). Si tratta della crescita più sostenuta dal 2003 e il dato è sorprendente se si considera che lo scorso anno i consumi totali del comparto alimentare hanno registrato una frenata dell’1,6%, in linea con la debolezza del contesto economico. Il trend positivo del settore è proseguito anche nei primi quattro mesi dell’anno in corso, che hanno registrato un incremento dell’11,5% rispetto a dodici mesi prima, secondo quanto rilevato dall’Ismea, che registra un boom in particolare per latte e derivati (+20,4% rispetto allo stesso periodo del 2010), bevande (+13,9%) e prodotti per la prima colazione (+10,4%). Mentre, in termini assoluti, in testa ci sono sempre le uova, davanti a latte fresco e yogurt. A livello mondiale gli ettari coltivati a biologico sono ormai 37 milioni, ai quali vanno aggiunti 42 milioni destinati alla raccolta di prodotti spontanei e all’apicoltura. Le aziende specializzate nel comparto sono, invece, 1,8 milioni contro le 860mila censite nel 2000, per un giro d’affari complessivo stimato in 40 miliardi di euro. L’Italia, secondo i calcoli effettuati da BioBank, si ferma a 3 miliardi (2010) ed è leader mondiale nella produzione di ortaggi, cereali, agrumi, uva e olive bio, con una presenza di produttori — circa 48mila, di cui un quarto donne e il 50% under 50 — distribuita lungo tutta la Penisola. Un terzo della nostra produzione finisce oltreconfine, con l’Europa prima destinazione davanti a Stati Uniti e Giappone. In termini assoluti, comunque, i consumi bio restano una nicchia, con l’1,5% della spesa alimentare totale, che ci pone in coda tra le principali economie del Vecchio Continente (il principale consumatore di prodotti biologici, davanti agli Stati Uniti), in una graduatoria dominata dalla Germania (consumi per 5,8 miliardi di euro), davanti a Francia (2,6 miliardi) e Inghilterra (2,5 miliardi). Il fulcro produttivo nazionale è nel Mezzogiorno (52% del totale, secondo quanto calcolato dall’Ismea), ma quest’area incide appena per l’8% sui consumi, a fronte del 70% registrato dal Nord, con il Centro al 22%. La crescita del biologico, partita dai piccoli esercizi negli anni Novanta, ha poi contagiato anche il comparto della gdo, che ha capitalizzato l’interesse crescente dei consumatori anche a fronte di prezzi tendenzialmente più elevati rispetto ai prodotti tradizionali. Una tendenza che si spiega con ragioni salutiste ed etiche al tempo stesso: il desiderio di consumare prodotti privi non sottoposti al trattamento con i pesticidi e derivanti da allevamenti e agricolture rispettosi dell’ambiente. Il biologico non è esente dalla piaga della contraffazione, che colpisce tutto il made in Italy di qualità. Un fenomeno stimato in 500 milioni di euro: i prodotti più contraffatti sono l’olio extravergine d’oliva, il pistacchio di Bronte e le arance. Una piaga finita sotto la lente delle autorità di pubblica sicurezza, che negli ultimi tempi stanno rafforzando i controlli in questa direzione. (l.d.o.)
fonte: www.repubblica.it